Fabio Volo - E' una vita che ti aspetto

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Fabio Volo - E' una vita che ti aspetto

Messaggioda Marco Mala » 02 febbraio 2009 17:32

Ecco due paginette, non rappresentative ma interessanti, dell'ottimo libro di Fabio Volo "è una vita che ti aspetto"; un libro che consiglio a tutti di leggere [smilie=studioso.gif]

[...] Un’abitudine che ho preso in quel periodo è quella di andare in chiesa ogni tanto. Era da molto che non lo facevo. Pensare che da piccolo io e Gesù eravamo stati anche molto amici. In quei miei pomeriggi ho anche cercato di capire come mai mi fossi allontanato così tanto da lui. La chiesa forse aiuta ad avvicinare a Dio alcune persone e ad allontanarne altre. Io facevo parte della seconda categoria. Io adesso, in quelle visite, non andavo a messa o a pregare o a fare cose strane. Rimanevo in silenzio e pensavo. Non solamente a Dio. Pensavo a tutto.
Quando da piccolo andavo a dormire dai nonni, invece dell’orsetto di peluche come tutti, avevo una statua in gesso di Gesù. Me lo ricordo bene perché aveva il cuore che si vedeva. Il sacro cuore di Gesù. Non era molto comodo per dormirci abbracciato: più di una volta girandomi nel letto ho preso delle botte... Soprattutto mi faceva male la sua manina perché era un po’ a punta. Comunque, non solo ci dormivo, ma spesso ci giocavo anche. Ero innamorato di Gesù. Mi piaceva un casino con quei capelli, quel vestito rosso e blu, e poi aveva detto che chi voleva entrare nel Regno dei Cieli doveva ritornare bambino. Di solito, eravamo noi bambini che dovevamo diventare grandi, essere come i grandi, imparare dai grandi. Lui invece era stato l’unico che per una volta aveva rovesciato le cose e aveva detto che eravamo l’esempio da seguire. Evvaiiiii!
Una notte, mentre dormivamo insieme, è caduto dal letto e si è decapitato. All’età di circa cinque anni ho decapitato Gesù. È stato un grossissimo trauma. Mi sentivo come Salomè. Quella che aveva chiesto la testa di Giovanni Battista.
Mio nonno lo aveva incollato, ma da allora non ci ho più dormito insieme, lo lasciavo sul comodino. Prima di spegnere la luce, lo baciavo e ci parlavo un po’. Mi sentivo un po’ in colpa. Scusa, Gesù. Sapevo che mi aveva perdonato. Del resto, eravamo amici. Poi, un giorno a catechismo don Livio aveva detto che era diventato prete perché aveva avuto la chiamata. Che chiunque poteva sentire la voce di Dio e che, se la sentiva, doveva farsi prete. DOVEVAAAA??????
Da quel momento il mio rapporto con Gesù è cambiato. Amici, mi andava anche bene, ma io non volevo fare il prete. Ero talmente terrorizzato dal fatto di poter sentire quella voce e dover fare il prete che a volte non rispondevo nemmeno a mio padre quando mi chiamava da un’altra stanza. Prima volevo essere sicuro che fosse lui, perché se fosse stato Dio avrei fatto finta di niente. Anche se una parte di me era curiosa di sapere che voce avesse Dio.
Come quando ho fatto la prima comunione: mi avevano detto di non masticare l’ostia perché dentro c’era il corpo di Cristo. Mi si era appiccicata sul palato e avevo paura che avesse la faccia proprio da quel lato. Temevo di soffocarlo.
Più crescevo, più questo Dio con cui prima giocavo mi faceva paura. Sentivo che mi giudicava. Sembrava che stesse tutto il giorno lì ad aspettare un mio errore per punirmi. Anche questo nuovo Dio contribuiva a far nascere in me delle paure. Delle ansie.
Adesso Dio è molto più simile a quel Gesù con cui giocavo da piccolo. Credo che non sia più nemmeno una questione di credere o non credere, ma piuttosto di sentire.
Pensando a Dio, mi viene in mente mia nonna quando girava per casa cercando gli occhiali. Li aveva in testa. Purtroppo, però, da bambino il Dio che mi avevano fatto conoscere era una delle cause delle mie ansie, per via di quel forte senso del giudizio che mi sono portato dietro tutta la vita.
Fino a qualche tempo fa entravo in crisi anche quando consegnavo il biglietto del treno al controllore. Nei pochi secondi in cui lo verificava, un po’ mi agitavo. [...]
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