Incontro giovani marchigiani a Loreto 24.3.09

Tutto quello che riguarda il mondo giovanile

Incontro giovani marchigiani a Loreto 24.3.09

Messaggioda Marco Mala » 21 gennaio 2009 14:03

Nel pomeriggio di martedì 24 marzo 2009, è prevista presso il Centro Giovanni Paolo II una catechesi per i giovani tenuta da Mons. Domenico Sigalini a cui seguiranno dei laboratori, la cena e il pellegrinaggio alla Santa Casa per l'incontro di preghiera.
Mettilo subito in agenda. :wink: In seguito, su questa pagina, verranno date indicazioni più precise. [smilie=ciao.gif]
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Re: Incontro giovani marchigiani a Loreto 24.3.09

Messaggioda Marco Mala » 22 febbraio 2009 23:00

So a chi ho dato fiducia

pellegrinaggio veglia dei giovani delle marche alla "casa del Sì"
ci guida Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, assistente generale dell'Azione Cattolica

Loreto, Martedì 24 marzo 2009

programma:
17.30 accoglienza al centro Giovanni Paolo II - catechesi di Mons. Sigalini - dialogo - cena
20.00 pellegrinaggio alla Santa Casa - testimonianze
21.15 veglia in basilica - fontane di luce

scarica il manifesto in formato pdf

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Re: Incontro giovani marchigiani a Loreto 24.3.09

Messaggioda Marco Mala » 27 marzo 2009 14:09

per chi non ha potuto partecipare ecco il testo dell'intervento di don Domenico Sigalini:

scaricalo cliccando qui oppure leggilo direttamente online:


L’abbandono filiale di Gesù al Padre (Mc 14, 32-52)
+ Domenico Sigalini


Perchè un giovane può avere interesse a Dio?
Mi immagino i giovani, voi giovani, come gente che sa farsi domande vere, anche se non lo date tanto a vedere, entro il caos di ogni giorno o i momenti di solitudine o di noia, oppure negli slanci puliti del cuore che incontra gioie e spesso anche bastonate e delusioni.
• Essere giovani è sentire che nel pieno dello star bene ti assale un voglia di oltre, di completezza, di pienezza che non riesci a sperimentare. Hai un cuore che si allarga sempre più, le esperienze fatte non sono capaci di colmarlo.
• Essere giovani è sentirsi dentro un desiderio di altro cui non riesci a dare un volto, anche il ragazzo più bello che sognavi, ti comincia a deludere e la ragazza del cuore ti accorgi che ti sta usando.
• Essere giovani è alzarti un giorno e domandarti, ma dove sto andando, che faccio della mia vita, chi mi può riempire il cuore? Posso realizzare questi quattro sogni che ho dentro, c’è qualcuno che lassù mi ama? Che futuro ho davanti?
• Essere giovani è capire che divertirmi oggi per raccontare domani agli amici non mi basta più. E’ avere una sete che non ti passa con la birra; aver rotto tutti i tabù di ogni tipo spinello, coca, ragazzo, ma sentire ancora un vuoto.

Dove trovare risposte?
La possibili soluzioni sono:
• Sono tutte paranoie, lascia perdere, della serie: importante è avere sempre qualcosa sotto i denti, qualcosa sopra la testa di notte e qualcuno che ti scalda nel letto…. ma il buco non si chiude.
• Oppure: Ti do io le risposte: abbiamo fatto mille ricerche, abbiamo schedato di tutto, possiamo prevedere e conoscere tutto quello che vogliamo. La scienza, l’antropologia, le congetture e le teorie chiudono ogni cerchio che vuoi aprire. E invece i cerchi non si chiudono, se si chiudono non hanno dentro la felicità e si apre l’infinito e non sai nemmeno come evitarlo.
• Interroghiamo la storia degli uomini; qualcuno come me ha avuto questa domande e ha cercato risposte?
Ne deriva tutto il confronto con le civiltà, che si può fare
o con senso di sufficienza: erano tutti molto ignoranti perché non avevano la nostra tecnologia, i nostri approfondimenti, soprattutto mancava loro il cellulare, il palmare, gli ipod …
o con umiltà alla ricerca della verità
Interroghiamo le vite degli uomini di oggi che hanno visioni di mondo diverse… la maggioranza si fa domande su Dio. I giovani credono che ci sia all’80 %, uno su cinque lo prega pure, gli altri lo evitano, ma non stanno del tutto bene.
C’è la storia di un popolo che viene da lontano e che ha lasciato scritto la sua esperienza con questa sorgente di senso, che ha pretese di verità, di assolutezza, che ha sempre pensato essere un creatore, di cui non ha mai osato pronunciarne il nome. Noi lo chiamiamo Dio, ma l’intelligenza non ci aiuta molto a descriverlo, a dargli un volto.
Chi è? Che fa? Come c’entra con le mie domande?chi sono io per Lui? come è nato il mondo? Per rispondere occorrerebbe non solo l’intelligenza, ma anche il sogno. I giovani sono sognatori e possono usare un libro, detto Bibbia in cui vedi che Dio forse è sognatore pure lui.


Dio è un sognatore?
E’ dalla parte di quella libertà, di quella leggerezza dell’essere, di quella assenza di passato presente e futuro che ti dà il sogno?
è tutto in un istante, libero, proteso, aperto, senza gravità?
E’ senza barriere, senza logica stringente, senza paura, è virtuale, prima che essere reale, nel modo di essere e di pensare? Chi è l’oggetto dei suoi sogni? Per chi sta a sognare notti e giorni?
Quando ha creato cielo e terra stava sognando? Sì! e la visione dei suoi sogni che ogni giorno si facevano realtà gli strappava grida di gioia, fino alla realizzazione dell’ultimo sogno: l’uomo. L’ha fatto per specchiarsi, per incapacità di contenere l’amore. Ma ha continuato a sognare anche dopo aver fatto l’uomo. Il sesto sogno l’ha fatto in stereo con l’uomo.
Adamo era assopito, stava sognando: belle le piante, bello il mare, belle le stelle, bello il sole, bella la luna, belle le montagne, ma sognava una bellezza diversa, un fascino, un ascolto, un cuore, un calore. E Dio che lo inseguiva nei suoi sogni ha continuato a creare, ha rifatto l’uomo regalandogli la donna e si è messo a riposare.
Da allora Dio ha passato i suoi sogni all’uomo e alla donna. Ha detto loro: sognate alla grande, i vostri sogni devono diventare vita. Vi ho scritto dentro tutto quello che permette ai vostri sogni di realizzarsi.
E da allora se noi vogliamo capire i sogni di Dio, dobbiamo imparare a capire i sogni dell’uomo. I sogni di Dio lasciano traccia nei nostri sogni.
Dio è descritto così in questo libro del popolo d’Israele e di tutti i popoli che sarebbero venuti dopo di lui.

Epperò parte determinante di questa storia è Gesù.
A Lui, gli hanno rovinato il sogno che aveva sempre avuto, glielo aveva insegnato sua madre fin da bambino quando stava a raccontargli una storia completamente diversa da quello che vedeva e che le cronache del tempo facevano capire. Da una parte i telegiornali gli facevano vedere Erode che aggiungeva una crudeltà all’altra e dall’altra parte sua madre gli cantava il Magnificat. Ha ribaltato, ha mandato a mani vuote ricchi, ha zittito superbi, ha ricolmato i poveracci oltre ogni misura.
Mio padre non è quello che voi dite, non sta dietro l’altare a vedere se gli animali che gli offrite sono zoppi, ma vi guarda il cuore. E gli scoppiò dentro questa certezza. Il Regno è qui, è dietro l’angolo, non è come la contestazione del ’68 o del ’77 o dei no global o dei black block. E’ proprio qui, un investimento unico di tutte le forze del creato che mio Padre ha pensato da sempre. Il Padre è disposto a tutto pur di inaugurarlo e io mi ci metto dentro, costi quel che costi. Se volete stare con me dovete lasciare i vostri loculi, i vostri cellulari, i quintali di gel che avete accumulato sulle mensole dei vostri bagni e buttarvi nella vita. Vi sembrerà di fare poco, di essere solo una goccia nell’oceano. Mio Padre fa il Regno con le gocce.

Mc 14, 32 - 52
32 Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. 33 Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34 Gesù disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. 35 Poi, andato un pò innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. 36 E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”. 37 Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? 38 Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. 39 Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole. 40 Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41 Venne la terza volta e disse loro: “Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”. 43 E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44 Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: “Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta”. 45 Allora gli si accostò dicendo: “Rabbì” e lo baciò. 46 Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono. 47 Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio 48 Allora Gesù disse loro: “Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi. 49 Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture! ”. 50Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. 51 Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. 52 Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.

Fissiamo la nostra attenzione all’orto del Getsemani. Vogliamo farci avvolgere dalla tensione di Gesù di quella tragica notte, la notte più buia della sua e della nostra vita.
L’orto degli ulivi è un giardino che sta a ridosso della città di Gerusalemme. Dal luogo dell’ultima cena una strada tra gli alberi degrada verso il torrente Cedron e risale lievemente il pendio. Di fronte si erge la colossale costruzione del tempio di Erode. A lato della strada c’è ancora oggi un monumento sepolcrale, la tomba di Assalonne che Gesù deve aver visto tante volte.
Nel cielo la luna piena di marzo fissa i volti e le ombre con la sua luce biancastra, talora spettrale. La primavera è iniziata, la temperatura è mite.
Un gruppo di amici, che hanno cenato assieme con una tensione spirituale inusitata, si preparano a dormire sotto gli ulivi, avvolti nei mantelli, per ritornare il giorno dopo nel tempio a continuare le dispute, a godere della forza di Gesù e della sua saggezza nel provocare alla conversione per il Regno di Dio. Ogni giorno una disputa, ogni giorno una chiarezza, ogni giorno un cerchio di opposizione dura e violenta si stringe attorno a Gesù.

Noi russiamo troppo e stassera ancora di più. Non molestiamo il maestro, mettiamoci a distanza ragionevole. Certo che ci ha detto cose non troppo leggere stassera a cena. Se non ci avessimo questa nebbia in testa potremmo stargli più vicino. Potremmo continuare quel discorso interrotto sul monte Tabor. Là stavamo proprio bene assieme, ma non ci ha lasciato fare le tre tende per tenerci a portata la gloria infinita che percepivamo con il cuore e con gli occhi.

“Sedetevi qui, mentre io prego”. 33 Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
Sono i tre discepoli che aveva tentato di preparare a questo scandalo trasfigurandosi davanti a loro sul monte Tabor. Ma qui Gesù è profondamente uomo, non è un eroe, non ha intenzione di fare lo stoico, che guarda dall’alto il dolore, imperturbabile, allenato agli sforzi, non è un marine, non si è temprato con le arti marziali. Gesù è ogni uomo, mostra le paure di tutti, i pensieri faticosi del vivere di ogni giorno con le quotidiane bastonate della vita, è semplicemente un uomo. Gesù si unisce in certo modo a tutte le nostre paure ingloriose, scioccanti, distruttrici di ogni umanità e le svuota di potenza ogni momento.
La lettera agli ebrei di questa paura di Gesù calca ancora di più le tinte: “Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono…”.
Lui non può morire con la serenità del martire che muore per un ideale, che sopravvive a lui. Il regno di Dio che aveva annunciato, tutta la sua visione del mondo, la sua predicazione, l’anelito alla giustizia, la positività di un mondo di credenti in Dio e nella gioia della vita, erano indissolubilmente legati alla sua persona, con lui sarebbe stato cancellato anche il suo ideale. L’amore e la solidarietà per cui era vissuto schiudevano l’orizzonte dell’esistenza umana al regno stesso di Dio.
E’ il disegno di Dio, suo Padre, che non può fallire.

Gesù disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”.
Gesù sperimenta il fallimento, miete solo cattiveria e disprezzo, su di lui vede che ha la vittoria il male che aveva tentato in tutta la vita di sconfiggere. Il male deve sempre vincere comunque e Dio non può nulla contro di esso? La morte gli minaccia il fondamento stesso della sua esistenza e dei suoi valori. Valeva la pena sfidare il male se poi alla fine ha l’ultima parola?
Se la vita è così, tanto vale rinunciare ad ogni velleità di trasformarla. Perde ogni significato e il desiderio di vita, il canto delle beatitudini, il magnificat stesso che Maria gli aveva sempre cantato si tramuta in tristezza infinita. Questa è l’esperienza negativa più totale che può fare una persona, questo nulla è l’ospite inquietante che abita nel cuore di ogni uomo, che attanaglia la vostra vita di giovani. Una morte così è proprio tragica, perché non è la fine di una vita disperata e senza senso, ma la morte del senso stesso della vita.
Giuda a questo punto si è appeso a un albero. Molti giovani prendono la finestra di corsa, o lanciano l’automobile a velocità folle per sparire da se stessi, altri se ne allontanano in paradisi artificiali. Non solo il soffrire non ha senso, ma il senso non c’è, c’è solo il nulla.
L’unico atto che sarebbe possibile all’uomo senza Dio sarebbe la disperazione.

Poi, andato un pò innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora.
Gesù invece prega. Questa non è solo una prova, Gesù deve decidere di rimettere la sua vita, la sua causa, il suo ardore missionario, la sua coraggiosa opposizione al male, la sua tenerezza, il suo sguardo amorevole per i poveri e gli ultimi della terra, nelle mani di Dio Padre. Nella sua preghiera passa in rassegna come un lampo tutta la sua storia. Nel cuore di Gesù risuona quella domanda che fin dall’eternità ha deciso l’avventura della sua vita: “Chi manderò io, chi andrà per noi? - Gli aveva chiesto il Padre - Eccomi, manda me a tentare di parlare al cuore dell’uomo che ha chiuso ogni orecchio alla tua parola. So che il tuo amore di Padre sta rincorrendo gli uomini, sta decifrando ogni minima disponibilità al tuo piano di amore, sta chiamando uomini e donne a dire un sì generoso alla tua grazia. So che ogni giorno torni in soffitta a guardare se dal viale alberato di ogni tua casa spunta il figlio che ti ha abbandonato per quattro lenticchie. Ti sento supplicare quell’altro che invece ti sta addosso, ma per i tuoi vitelli, non per te. “Figlio quello che è mio è tuo”, ma non gli importa niente di te. So che se anche una madre si dimenticasse di suo figlio, tu non ti puoi dimenticare di nessuno. Del resto alla cena che era appena finita aveva detto: Non si può più girare attorno alle cose. La mia vita non me la prenderanno con inganno o con strategie politiche, per farsi qualche piacere l’un l’altro o Erode o Pilato o Anna e Caifa o i mestatori di popolo, la dono io. Sono venuto per questo. Qui sta lo snodo fondamentale della mia missione: vi do la mia vita, perché vi voglio troppo bene. Non posso permettere più che il male sia l’ultima parola sui vostri sentimenti, affetti, azioni, corpi e relazioni. Questo pane spezzato e questo vino versato saranno sempre il segno di un dono senza rimpianti, di una vita donata senza ripensamenti, saranno il segno del mio corpo dilaniato e del mio sangue versato.
E potrete sempre rifare questi miei gesti e ogni volta che li rifarete io sarò lì ancora a dirvi che vi voglio bene, a dirvi che non immaginate che Padre avete nei cieli, a ricordarvi che è finita la schiavitù, che l’ultima parola non è la morte, anche se in cuore avrete odio, anche se userete questi miei segni per farvi belli, in una chiesa dove state solo per dovere, in una comunità che usa la messa per truccare l’odio e la falsità, anche quando i gesti li compirà un prete senza fede, senza amore, pieno di ambizioni, incapace di uscire dal giro del peccato di cui non si accusa più. E’ un dono per sempre, senza ripensamenti o nostalgie. Questo è il Padre cui ci siamo affidati!


36 E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
Papà questo calice amarissimo faccio fatica a berlo, sono conte nella Trinità, questo velo di carne che mi ha diviso da Te in questi anni non è solo un velo è la mia vita che ora metto con abbandono nelle tue mani. So che l’amore non ci potrà mai dividere perché tu, io lo Spirito siamo l’amore. Questa umanità che abbiamo creato è libera e ha bisogno di una nuova creazione. Padre mi affido a te per ricreare questa umanità.
Nessun ebreo si è mai rivolto a Dio con questa parola così familiare. Gesù ha un rapporto filiale con Lui e sa che può viverne tutte le sfumature di sensibilità, di amore, di dialogo, di comprensione, di affidabilità, di serena fiducia. L’ha imparato nella vita di Nazaret, lo aveva visto scritto nei rapporti paterni con San Giuseppe, lo aveva colto nella dedizione totale di sua Madre Maria.
Questa preghiera significava la vita stessa di Gesù, ed è una preghiera che contiene ciò che ci ha sempre insegnato di dire: sia fatta la tua volontà e non lasciarci in balia della prova. E’ il Padre Nostro che noi spesso diciamo a qualche maniera, ma che Gesù ha pagato con la morte, perché si è totalmente affidato alla volontà del Padre.

Venne la terza volta e disse loro: “Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Alzatevi, andiamo!
Questi continui dialoghi, questo avanti e indietro di Gesù danno l’idea della sua preoccupazione pedagogica, di pastore, di amico, di maestro e di guida con i suoi discepoli. Gesù non si concentra su di sé, non si chiude nel suo dramma, sa di avere in carico gli apostoli, quelli che aveva chiamato e che lo hanno seguito. Per loro aveva pregato già accoratamente il Padre. “Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola… Io prego per loro… ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.
Li vede, ci vede assonnati, pigri, autocentrati, incoscienti, appesantiti dalla nostra corporeità, ma soprattutto da una incapacità di entrare nel suo mistero. Gesù quella notte vede noi con le nostre tergiversazioni e i nostri dubbi, le nostre false promesse e le nostre pretese. Non ci rimprovera, non ci sopporta, ci mette davanti delle scelte da fare. La vita è in salita per tutti, vedete anche me quanto ho bisogno di affidarmi, ma non temete. Dio Padre non ci molla, non ci lascia soli, ci afferra con il suo braccio forte, che ci può far male, ma non ci stritola, ci strappa dall’affogamento e ci ributta sulla riva della vita.

E’ venuta l’ora.
E’ l’ora della prova, l’ora della decisione, l’ora aspettata e per la quale ha vissuto continuamente. Per ciascuno di noi viene un’ora decisiva della vita che si stempera in tanti momenti di difficoltà, di incertezza, di delusione, di apprensione. Gesù affronta deciso quello che deve accadere. La preghiera lo ha sorretto e gli ha dato forza. Ogni volta che viene la nostra ora, sappiamo che è legata a questa ora di Gesù.
Sulla croce ritornerà ancora la pena e la difficoltà. La preghiera di Gesù è ininterrotta, è in uno stato di continuo svelamento della vita e della visione del Padre. Gli uscirà ancora un grido: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato. Lì si ricostruisce tutta l’angoscia della sua vita e della vita dell’uomo, ma in fondo a questa angoscia c’è l’affidamento totale di Gesù: Padre nelle tue mani abbandono il mio spirito.
L’eroe muore come si vorrebbe morire, Gesù muore come veramente si muore. Il fatto straordinario è che Gesù, lui che è morto così miseramente, soffrendo senza ritegno, affrontando le paure e le ansie del morire con così poco coraggio stoico, è proprio il Figlio di Dio. La sua divinità dà una particolare luce al nostro morire. Scoprire i tratti umani di Gesù non significa denigrarlo o conoscerlo male, ma illuminare la nostra vita di luce nuova, sapendo che è il Figlio di Dio.
Allora non ci è richiesto sforzo di autocontrollo, ma abbandono nelle mani del Padre. Non si tratta di predisporsi a una resa dei conti impossibile, ma di lasciarsi amare fino in fondo da Dio, morire non è lasciare l’ultimo biglietto presentabile alla società in cui viviamo, ma acquisire quella fiducia nel Padre da saperci abbandonare senza affanni nelle sue braccia.

Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.
E noi che facciamo? Stiamo ad assistere addormentati come i discepoli? Fuggiamo senza onore e dignità?
Il vangelo ci aiuta a non perdere la speranza e a non perderla proprio da giovani, con le vostre tergiversazioni, ma anche con la vostra voglia di non adattarvi, con quella beata incoscienza che vi caratterizza, che vi mette sul crinale della storia con semplicità, con ingenuità, ma anche con decisione, quando intuite la possibilità.

51 Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. 52 Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.

L’abbiamo fatto tutti qualche volta il ragazzino che si infila con furbizia nei percorsi degli adulti e senza colpa né merito ci siamo trovati dentro una cosa più grande di noi, Dio non voglia, in qualche fatto di sangue o in qualche resa dei conti. Siamo sempre stati curiosi, abbiamo sempre voluto osare e ci siamo riusciti.
Così forse è di quel ragazzetto che la notte del Getsemani si è trovato con i dodici a condividere la notte più buia della sua vita e dei tempi. Di lui non sappiamo il nome, era un ragazzetto, e se il vangelo ricorda il fatto vuol dire che nella prima comunità cristiana era conosciuto e che quel fatto gli ha cambiato la vita. Che ci faceva con il solo lenzuolo addosso là in quei giardini di notte sotto la luna piena di Pasqua? Oso pensare che era scappato di casa, per uno scopo preciso, lui aveva conosciuto Gesù e si era appostato spesso ai margini dei giardini perché sapeva che la sera passava di là.
Appostarsi per vedere Gesù che passa è un modo che i vangeli hanno di dire la ricerca di Gesù: si appostavano i ciechi, i lebbrosi, ma anche gli scribi e i farisei, si è appostato anche Zaccheo, le donne lungo la via Crucis. Nella vita ogni giovane fa esperienza di appostamento: vuole vedere Gesù.
Ci appostiamo solo curiosi o per avere da lui una risposta alle domande che ci salgono dalla vita? I malati riponevano in lui la speranza, Zaccheo si è lasciato cambiare la vita dopo averlo visto ed essere stato visto. I lebbrosi hanno osato infrangere tutte le leggi che li ghettizzavano, lontano dalla vita sociale. Noi vogliamo vedere Gesù, ma è Lui che vuol vedere noi.
Quella notte il ragazzo aveva incrociato questa allegra brigata di apostoli, reduci da una cena succulenta e ben innaffiata, stanchi e morti di sonno e si è intrufolato tra loro, con loro ha trovato compagnia, perché lui aveva una decisione incrollabile voleva seguire Gesù. Lui alle cose dei grandi non pensa, lui non sa quel che si trama a Gerusalemme, a lui non interessa la religione; sì, ha imparato qualche bella lezione in Sinagoga, si è preparato in quella interminabile serie di incontri alla Cresima, ma niente più.
Sa di stare a cuore a Dio, ma non s’intende di tutte le complicazioni con cui lo rivestono nel Tempio. Lui però ha conosciuto Gesù. E’ interessante vedere come non è il solo ragazzo che segue Gesù: sulla montagna per fortuna che ce n’è un altro che sta mangiando i suoi panini col pesce e che con generosità li mette a disposizione di tutti, tra la gente si fa strada un ragazzo ricco per carpirgli il segreto della vita piena; lungo la strada ce n’è un altro, stavolta disteso in una bara e Gesù lo risuscita e lo riconsegna vivo a sua madre, all’ingresso a Gerusalemme sono loro che gli fanno festa… (cfr Mt.19, 16-30, Mc 10, 17-22, Gv 6, 1-14)
Questo ragazzo è lì testimone di una notte tragica e decisiva: quello che gli si para davanti questa notte gli rimarrà negli occhi e nell’animo per sempre. Ha forse notato le lacrime di Gesù nella notte. Padre se è possibile passi da me questo calice… ma di che calice si tratta. Io ho sempre visto Gesù fortissimo, perché ora suda sangue? Me lo ricordo il giorno in cui abbiamo cantato dietro a lui con rami di ulivo. Ho ancora nella mente i suoi occhi di fuoco, quando ha buttato all’aria le bancarelle del tempio. Perché ora è così triste, perché emette forti grida e lacrime?
Lui lo seguiva e non poteva non restare incantato e turbato, assonnato come tutti i ragazzi, ma sveglio senza difficoltà quando il cuore canta a mille e l’adrenalina ti sale al cervello. Vede Gesù che alla fine si riprende nella sua statura di messia: alto, sveglio, dolente, ma capace di rendere la sua faccia dura come la pietra contro il dolore e la paura; e da ultimo ha sentito la sua sfuriata al commando del rapimento: mi siete venuti a prendere come un ladro, io non mi sono mia nascosto da nessuno, ho sempre detto alto il mio amore per tutti e voi mi avete teso una trappola come si fa coi topi! Questo orto degli ulivi non è nessuna trappola, sono io che mi consegno a voi, è importante che il piano di amore di Dio l’Altissimo, il mio amato Padre si compia; mi potevate prendere anche nel Tempio se aveste avuto in cuore un ideale e non in tasca una paga.
Tutti scappano, anche Pietro, anche gli altri; lui, il ragazzetto, non è capace di lasciare: lui seguiva Gesù. E la soldataglia non ha difficoltà a prenderlo; un ragazzo può sempre servire; a questo punto mette in atto tutta la sua furbizia e la sua intelligenza sguscia nudo dal lenzuolo lasciando in mano ai soldati solo la sua seconda pelle. E corre, forse piange, ma corre con un istinto di conservazione che vince la delusione del suo cuore.
Lui seguiva Gesù, aveva in cuore una scelta, probabilmente se ne stava facendo una ragione; se gli eventi non fossero precipitati così velocemente in quella settimana di Pasqua avrebbe potuto parlare direttamente a Gesù, avrebbe dato sfogo alla sua curiosità, comunque ne era affascinato se lo seguiva anche di notte. La notte per lui è come la notte di tutti i giovani, il tempo delle ricerca, della libertà, del volersi prendere in mano la vita, dell’avventura non calcolata. Per molti diventa il tempo dello sballo, per altri è il tempo dell’incontro con Gesù.
Ci sarà un Altro che tra qualche giorno ghermito dalla morte verrà disteso in un lenzuolo, anche Lui ne scivolerà fuori, non per fuggire dalla morte, ma con la risurrezione per vincerla: Gesù. Quel ragazzetto anticipa nel simbolo la vittoria definitiva sulla morte. Se ne fuggì via nudo, ma libero, senza niente, con il cuore pieno di un amore che al momento sembra finito in tragedia, ma che presto ritroverà la sua pienezza e la sua novità.
Essere liberi e nudi di tutto, può essere difficile nei confronti degli amici, di chi ti vuol sempre vedere come piace a lui per tenerti controllato. Essere nudo è imbarazzante, ma non quando canta dentro di te la libertà, un motivo, una decisione, una scelta che ti riempie la vita. Sei solo nudo di quei vestiti che gli altri ti mettono addosso, non dei tuoi, nuovi, spesso insospettati, ma guadagnati nelle tue scelte coraggiose.
E Gesù ha una storia ancora più affascinante, una vita piena che sa stanare l’ospite inquietante e offrire vita contro il niente.
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