Il Comitato spagnolo ci offre un cammino catechistico di avvicinamento alla GMG di Madrid.
Ecco la prima Catechesi preparatoria:
Catechesi 1: Dio ci ha fatti capaci di vivere con Lui
Una domanda, un´intuizione apre un cammino
Sintesi della catechesi:
1. "Pensare all´infinito": l´apertura all´infinito si inscrive nell'esperienza che l'uomo fa della vita. La vita e la realtà "aprono" permanentemente l´orizzonte dell´uomo.
2. La vita è questo desiderio d´infinito (lo chiamiamo "domanda religiosa"): per questo la tradizione della Chiesa parla dell´uomo - di ogni uomo - come Capax Dei.
3. Il desiderio di infinito, che costituisce il cuore dell´uomo, lo mette in cammino. Le religioni e l'inevitabile tentazione dell´idolatria mostrano con chiarezza che è inevitabile cercare una risposta alla domanda religiosa.
4. Il desiderio di infinito quando matura si converte in supplica all´infinito stesso affinché si manifesti: non siamo capaci di soddisfare la nostra sete, per questo supplichiamo.
5. In questo cammino di desiderio e supplica, il cristiano è compagno di tutti gli uomini.
Testo: 1 "Pensare all´infinito"
"Non avete mai incontrato nella vostra vita una donna che vi ha stregato e poi è scomparsa? Queste donne sono come le stelle che passano veloci nelle calme notti estive. Vi sarà sicuramente capitato di incontrare, in qualche stabilimento balneare, alla stazione, in un negozio, o su un tram, una di queste donne la cui vista è una rivelazione, come un fiore che sboccia improvvisamente dal profondo della vostra anima. E sarà solo un minuto; questa donna se ne andrà; rimarrà nella vostra anima come un tenue ricordo di luce e bontà; sentirete come un´indefinibile angoscia quando la vedrete allontanarsi per sempre. Io ho provato molte volte questa tristezza indefinibile; ero un ragazzo; in estate andavo spesso nel capoluogo di provincia e mi sedevo lunghe ore sulla spiaggia vicino al mare. E allora vedevo qualcuna di quelle donne misteriose, che come il mare azzurro stava davanti a me e mi faceva pensare all´infinito".
Il genio letterario di Azorín esprime molto efficacemente un´esperienza elementare che vive ogni uomo. Ci sono circostanze che spalancano il cuore. Lo aprono nel senso che rendono presente il vero orizzonte, la sua capacità di infinito. Ci sono circostanze che ci permettono di scoprire chi siamo, che rompono tutte le immagini ridotte del nostro essere uomini, che ci dicono che non ci basta niente. Sono circostanze o esperienze che descrivono la vera natura e la vera portata della vita, del nostro essere uomini. Sono circostanze che, innanzi tutto, non dicono "quello che manca", ma fanno presente l´intuizione dell´eternità per la quale siamo fatti. Uno "pensa all´infinto" perché la realtà che ha davanti lo apre, gli dice che c´è qualcosa di più che dura per sempre.
Senza dubbio amare è una di queste esperienze. Tutti gli uomini vivono l´esperienza dell´amore: nella famiglia, con gli amici, incontrando la donna con la quale condivideranno la vita, nella verginità. Nel viso della donna che iniziamo ad amare - l´innamoramento è l´inizio di un cammino!- si concentra il nostro desiderio d´infinito, l´intuizione che siamo fatti per l´eternità. Persino la tristezza o l´angoscia che si può provare nel perdere la persona amata è segno di questa apertura all´infinito.
Un´apertura che può essere descritta come desiderio e come nostalgia, e che nasce dalle esperienze più vere della nostra vita: nell´amore, ma anche nella percezione della bellezza, nella passione per la propria libertà, nella ribellione davanti all´ingiustizia, nel mistero della sofferenza e del dolore, nell´umiliazione dovuta al male che uno fa, nella ricerca appassionata della verità, nella gioia del bene.
Nell´esperienza che fa della propria vita, l´uomo percepisce la presenza dell´infinito, lo stesso infinito che si annuncia nel mondo, nell´immensità e nella bellezza della creazione: dalle montagne all´oceano, fino al codice genetico del DNA! "Il mondo e l´uomo sono testimoni del fatto che non hanno, in se stessi, né il proprio principio né la propria fine, ma partecipano di ciò che è l´Essere stesso, senza origine né fine".
2. La vita è questo desiderio
Tutti gli uomini, indipendentemente dall´età, dalla razza o dalla cultura, sperimentano questo desiderio/intuizione d´infinito che coincide con la verità più evidente della vita. Non possiamo negarlo, siamo questo desiderio, il nostro essere più autentico è "pensare all´infinito".
Questo desiderio coincide con la vita. Non è qualcosa che nasce nel cuore in primavera o quando uno è particolarmente malinconico! È semplicemente e pienamente "la vita".
Per questo desiderare l´infinito è desiderare la pienezza della vita: non di una dimensione della vita, ma della vita intera. Perché questo desiderio è il filo conduttore che dà unità a ogni istante, a ogni situazione, a ogni circostanza della nostra vita. È la chiave che permette d´intuire l´unità tra l´amore dei tuoi genitori e il tuo desiderio di costruire, tra la rabbia di fronte all´ingiustizia e la compassione di fronte al dolore, tra l´amare e l´essere amato, e la chiamata a essere fecondo. Senza l´unità che genera questo desiderio che attraversa ogni cellula del tuo essere, la vita sarebbe una semplice successione di fatti e eventi, un cumulo di esperimenti, un andare a tentoni, e non sarebbe in grado di edificare la tua persona.
Nel linguaggio comune questa ricerca d´infinito viene chiamata "domanda religiosa". Quando si parla di religione si parla precisamente di questo: la ricerca dell´infinito da parte di tutti gli uomini.
Ogni uomo, per il semplice fatto di vivere, percepisce in sé questo desiderio, questa domanda religiosa - sia o no capace di esprimerlo -, perché la domanda religiosa è la domanda sulla vita e sul suo significato. Per questo ogni uomo, indipendentemente dalla risposta che dà a questa domanda, è "religioso". Non può smettere di esserlo, non può strapparsi dal cuore il desiderio d´infinito.
La tradizione cristiana ha descritto questa realtà parlando dell´uomo come "capax Dei": l´uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è capace di Dio, lo desidera e può incontrarlo. " La santa Chiesa, nostra Madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create" (Cc. Vaticano I: DS3004; cf. 3026; Cc Vaticano II, DV6). Senza questa capacità, l´uomo non potrebbe accogliere la rivelazione di Dio. L´uomo ha questa capacità perché è stato creato "a immagine di Dio" (cf. Gn 1,27).
Il salmista lo ha espresso con grande bellezza usando l´immagine della sete: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua" (Sal 62).
3. In cammino
Una domanda, un´intuizione apre un cammino. L´uomo, che pensa all´infinito, si mette in moto. L´intuizione dell´infinito è il motore della vita, la ragione per la quale un uomo ama e lavora.
Comincia per l´uomo un´appassionante avventura alla ricerca dell´infinito, per riconoscere il suo volto. Si tratta di un´avventura nella quale tutti siamo implicati. Non è qualcosa che si riservi a un temperamento particolarmente "religioso".
È possibile riconoscere il cammino dell´uomo alla ricerca del volto dell´infinito grazie a due fatti che sono alla portata di tutti.
Il primo è la constatazione dell´esistenza delle religioni. Oggi, più che nel passato, siamo testimoni della pluralità di esperienze religiose che vive l´umanità. Quando tutto sembrava annunciare una società senza Dio, movimenti e sette religiose, di indole molto differente, hanno invaso l´occidente e cominciato a condividere lo scenario sociale insieme alle religioni stabilite. Sono espressioni concrete, storiche, della ricerca dell´infinito, e in questo senso aiutano la ragione e la libertà dell´uomo a non chiudere l´orizzonte, a non ridursi allo spazio angosciante del finito. Così insegna il Concilio Vaticano II: "Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l´origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo".
Convivere con persone di altre religioni è l´occasione per riconoscere l´identità del desiderio e delle domande che costituiscono il cuore di ogni uomo. Ciò che potrebbe sembrare a prima vista una difficoltà, perché la molteplicità delle risposte può creare confusione, è anche un´occasione privilegiata per riconoscere l´unità tra tutti gli uomini. Le risposte che si offrono sono parecchie, è vero, ma la domanda è una sola.
In secondo luogo possiamo riconoscere la nostra ricerca d´infinito come un´esperienza che abbiamo fatto tutti: l´identificazione dell´infinito in qualcosa di concreto. Può essere la fidanzata, o la carriera, o l´esito economico, o la passione per il potere. Quante volte abbiamo identificato l´infinito che avevamo intuito con qualcosa in particolare!?Qual è stato il risultato? La delusione. Nella nostra ricerca d´infinito è arrivato un momento in cui ci siamo fermati e abbiamo creduto di poterlo identificare con qualcosa alla nostra misura.
Si chiama "idolatria" ed è una tentazione che vive ogni uomo in prima persona. Invece di riconoscere che la donna che ha suscitato in noi il desiderio dell´infinito è segno dell´infinito, speriamo che lei compia completamente il desiderio che ha suscitato. Quando il segno smette di essere riconosciuto come tale e lo si confonde con la pienezza che richiama, si converte in idolo. Però gli idoli, lo sappiamo per esperienza, deludono.
Il salmista ha identificato con grande precisione la tragedia dell´idolatria. È la tragedia della promessa incompiuta. Sembra che possano rispondere e invece sono incapaci di qualsiasi cosa: "gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida" (Sal 113).
"Opera delle mani dell'uomo": con poche parole il salmista identifica la radice dell´incapacità degli idoli di rispondere al nostro desiderio d´infinito. Un idolo è frutto delle mie mani; ha, per così dire, le mie stesse dimensioni: è finito. Per questo non potrà mai rispondere adeguatamente al desiderio che costituisce la mia vita.
La molteplicità di risposte - le religioni - all´unica domanda e l´incapacità degli idoli di compiere il desiderio d´infinito mostrano in modo evidente l´esigenza di una risposta definitiva. Un uomo che viva seriamente la propria vita, che non censuri l´intuizione dell'infinito che descrive chi è, non può darsi per vinto.
4. Al nostro incontro
Se darsi per vinto significa abbandonare l´avventura della vita, cosa fare? Come può l´uomo perseverare nel cammino del desiderio? Come può non fermarsi davanti a risposte insufficienti?
Non è possibile pensare che l´immagine della nostra vita sia il mito di Sisifo, condannato a ricominciare sempre il compito senza trovare mai né pace né compimento.
La vita è questo desiderio, e comunque, tutti i nostri tentativi per soddisfarlo sembrano vani. I nostri tentativi, non la possibilità del compimento.
In effetti il nostro desiderio sarebbe vano, sarebbe assurdo, se fosse destinato a essere eternamente insoddisfatto. Però questo non vuol dire che siamo noi a soddisfarlo. Siamo "capaci" di essere soddisfatti, non di soddisfare noi stessi.
La sete che secca la gola dice che l'uomo è capace di bere, non che egli stesso sia la sorgente di acqua fresca e cristallina in grado di appagarlo. Così, l´uomo è capace d´infinito, capax Dei, perché può accoglierlo se Lui gli viene incontro, non perché possa costruire da solo l´infinito al quale anela.
Quando l´uomo si riconosce capax Dei, il suo desiderio, la sua nostalgia, il suo anelito sono abbracciati dalla sua libertà e si convertono in supplica. E in questa supplica l´uomo acquisisce la sua vera statura. "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli". (Mt 5,3)
La povertà di spirito che Gesù benedice nelle beatitudini, e della quale l´espressione più eloquente è la richiesta, la supplica, costituisce la pienezza dell´esperienza umana. È il momento in cui il cuore dell´uomo dice all´Infinito che ha intuito: "Vieni, manifestati!". Ogni fibra dell´essere dell´uomo spera e desidera, chiede e supplica che l´infinito si presenti all´incontro. Vuole conoscere il suo volto, e lo prega: «Il tuo volto cercherò, Signore, non nascondermi il tuo volto» (Salmo 26).
E Dio non ha lasciato senza risposta la supplica dell´uomo: «Attraverso la ragione naturale, l´uomo può conoscere con certezza Dio a partire dalle sue opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza che l´uomo, attraverso le sue proprie forze, non può in alcun modo raggiungere, ossia quello della Rivelazione divina (cf. Cc. Vaticano I: DS 3015). Per una decisione totalmente libera, Dio si rivela e si dona all´uomo. Lo fa rivelando il suo mistero, il suo disegno benevolo che stabilì dall´eternità in Cristo in favore di tutti gli uomini. Rivela pienamente il suo disegno mandando il suo amato Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, e lo Spirito Santo».
Le orazioni dei salmi, i testi dell´eucarestia, il tempo d´Avvento. Tutta la liturgia della Chiesa è un´educazione permanente a vivere, in maniera cosciente e ogni giorno più disponibile, questa supplica al Signore.
La mattina, all´inizio della giornata, nella preghiera delle lodi, le prime parole che la Chiesa ci fa recitare sono: "O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto". In questo modo ci educa e ci aiuta a comprendere che il desiderio è chiamato a convertirsi in supplica.
5. Compagni di cammino di tutti gli uomini
In questa supplica tutti gli uomini percepiscono di essere compagni di cammino.
Riconoscere il desiderio d´infinito che costituisce il cuore di ogni uomo ci permette di renderci conto dell´unità che esiste tra tutti gli uomini.
Le espressioni di questo desiderio possono essere diverse. Alcune possono anche essere dure, offensive o violente. Eppure sono tutte espressioni della ricerca che vive il nostro cuore.
Chi si riconosce in questa ricerca sa di essere vicino a tutti gli uomini: niente e nessuno è sconosciuto. Per la Chiesa non ci sono "lontani": perché tutti gli uomini vivono, si interrogano e desiderano. Tutti cercano.
Per questo il cristiano non teme di parlare della sua ricerca con tutti. Incluso con quelli che ridono di lui, che lo etichettano come illuso o visionario.
Una simpatia immensa per tutta l´umanità lo accompagna quotidianamente. L´arte, la letteratura, la musica. Tutto quello che esprime il genio dell´uomo è, per chi cerca, occasione per riconoscere nuovamente il desiderio che lo costituisce.
Se uno prova a parlare di questo con i suoi compagni di classe si renderà conto che è vero.
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